Crediamo che ci siano ben poche città
al mondo dove l’odio è così palpabile come ad Hebron, in Cisgiordania, dove un esercito di oltre 3000 soldati ogni giorno chiude strade,
ferma gente e impone il coprifuoco ad una città di 200.000 abitanti in
modo che 700 coloni ebrei possano girare tranquillamente per le vie.
Ma da dove nasce tutto questo odio?
Siamo in pieno territorio palestinese, nel cuore della città più grande e
popolosa, la città dei Patriarchi, dove sono sepolti Abramo e sua moglie Sara,
Isacco loro figlio e sua moglie Rebecca, Giacobbe loro figlio e sua moglie Lia.
Con oltre 6.000 anni di storia Hebron è una delle città più antiche
continuativamente abitate dall’uomo.
I Patriarchi vi furono seppelliti
4.000 anni fa, Davide fu incoronato Re mille anni dopo ed Erode costruì il
tempio 28 anni prima della nascita di Cristo. Dopo Erode, i Romani, poi i
Bizantini, poi gli Islamici, poi i Crociati e in seguito la conquista di
Saladino… In tempi più recenti c’è stato il Mandato britannico del 1917,
durante il quale alcune famiglie di ebrei si insediarono nella città vecchia,
vennero poi allontanate durante il controllo giordano dal 1950 al 1967, e
fecero ritorno con l’occupazione israeliana seguita alla Guerra dei Sei giorni
nel 1967.
Il fatto che la città racchiuda nel
suo cuore le tombe dei Patriarchi ne fa la seconda città santa per gli Ebrei
(dopo Gerusalemme), la quarta per i Mussulmani (dopo la Mecca, Medina e
Gerusalemme) e un luogo sacro anche per i Cristiani, che tuttavia sono
pressoché assenti dalla città. Siamo in una città in cui convergono, come a
Gerusalemme, le tre grandi religioni e in cui, accanto all’apice del sacro,
troviamo l’apice dell’odio e delle divisioni, anziché dell’amore e dell’unione,
due opposti inconciliabili, come i poli di una calamita.
La sinagoga-moschea, in cui sono
sepolti i Patriarchi ha due ingressi separati, uno per i mussulmani ed uno per
gli ebrei. Sara, Isacco e Rebecca da una parte, Giacobbe e Lia dall’altra,
mentre Abramo è nel mezzo, circondato da una grata che divide le due
confessioni e gli ambienti fisici della sinagoga da quelli della moschea.
L’aera intorno alla tomba è una delle più fortemente militarizzate.
E’ proprio per testimoniare
l’importanza di questo luogo per gli ebrei che il rabbino Levinger, e altre
trenta persone, fondarono nel 1970 alla periferia di Hebron la prima Colonia
Israeliana nei Territori Palestinesi Occupati. La collinetta di Kiriat Harba, su cui si
insediarono, diventò quindi il primo insediamento israeliano in Palestina.
Dieci anni dopo, la moglie del rabbino Levinger condusse un gruppo di 40 coloni
nel cuore della Città Vecchia di Hebron: il vecchio ospedale di Beit Hadassah venne
da loro occupato, dando vita alla prima colonia all’interno della Città
Vecchia.
Da allora il numero di coloni è
progressivamente aumentato, ora se ne trovano 700 sparsi in quattro nuclei collegati
tra loro da alcune vie del suk arabo che è stato in parte chiuso per permettere
a questi coloni, che si ritengono i veri padroni della città, di muoversi
tranquillamente. Ognuno di questi coloni è protetto da quattro soldati.
La loro presenza è ingombrante e si
impone attraverso le armi e la forza. I colono stessi sono armati (mentre i palestinesi non possono avere le
armi) e si divertono a sparare dall’alto delle loro case alle cisterne
dell’acqua dei palestinesi. Ad aggravare ulteriormente la situazione concorre
un evento tragico del 1994, quando un colono ebreo è entrato nella moschea
uccidendo 29 palestinesi che stavano pregando sulla tomba di Abramo. Per paura
di rappresaglie l’esercito israeliano cominciò allora ad adottare il “principio
di separazione”, di cui oggi vediamo le conseguenze: intere parti della città
sono state vietate ai palestinesi che sono stati costretti ad abbandonare le
loro case e a chiudere i loro negozi.
Muovendosi per le vie della città
vecchia si possono notare le reti poste in alto per evitare che il lancio di
oggetti da parte dei coloni arrivino ai palestinesi che transitano nella zona
sottostante. Un centinaio di check point limitano il passaggio dei palestinesi
mentre noi occidentali possiamo passare tranquillamente, anche se nelle zone
ebraiche si rischia di essere seguiti dai militari ed essere filmati come è
successo a noi.
Hebron dista da Betlemme una ventina
di chilometri, noi ci siamo andati con un taxi collettivo nel pomeriggio. La
strada per arrivarci è già disseminata di colonie vecchie e nuove poste sulle
colline circostanti, arrivati in città ci si trova immersi in un ambiente decisamente
surreale. Non è pericoloso muoversi nel suk arabo o nel quartiere ebraico, ma
la pesantezza della situazione è tale che non si vede l’ora di andarsene.
Chiunque può farsi un’idea di quello
che succede ad Hebron guardando il film-documentario pluri-premiato “This is my land, Hebron” del 2011.
Il film si può vedere anche on-line
all’indirizzo: http://vimeo.com/64305604
Reti sopra la testa proteggono i passanti dai lanci di oggetti da parte dei coloni che abitano nella zona alta della città |
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